Notizia di poco tempo fa. Una turista svedese ha creato un terribile “scandalo” mettendosi completamente nuda sulla spiaggia di Minori, sulla costiera amalfitana. Nessun atteggiamento provocante, ambiguo o malizioso da parte della scandinava, che si è semplicemente sistemata a leggere un libro sul suo telo, senza alcun costume addosso, convinta di poter fare ciò che nel suo Paese è quanto di più naturale ci possa essere. La forza pubblica è prontamente intervenuta per reprimere un crimine tanto abietto: la barbara nordica ha così ottenuto una bella lezione di italica civiltà!
Una nota positiva, peraltro, è stata la reazione del sindaco di Minori, Andrea Reale, il quale ha giustamente riconosciuto che ognuno ha il diritto di «vivere la natura a modo proprio», senza che vi sia il bisogno di scandalizzarsi per questo. Tuttavia, «questo segmento di turismo», ha aggiunto, «non trova sfogo dalle nostre parti, perché da Vietri a Positano si registra una mancanza di luoghi destinati ai nudisti». La conformazione del territorio sarebbe un ostacolo alla possibilità di trovare un luogo adatto allo scopo.
Si parla ormai spesso – anche a seguito di alcune leggi regionali che si sono occupate (in maniera non troppo felice) dell’argomento – della necessità di individuare “luoghi da destinare alla pratica nudista” e della difficoltà per le amministrazioni comunali a trovare luoghi “adatti”. Difficoltà resa ancora maggiore da una quantità di assurdi requisiti che non di rado si richiedono a tali potenziali spazi per nudisti: devono essere isolati, coperti alla vista da una fitta siepe, dotati di servizi igienici, etc.
Mi permetto di avanzare una modesta proposta. Premetto che posso capire, anche se non la condivido affatto, la preoccupazione di voler porre dei limiti alla pratica nudista. La posso capire, perché purtroppo conosco i pregiudizi e le paure che ancora si nutrono nei confronti di chi se ne sta nudo all’aria aperta; non la condivido affatto, perché so quanto quei pregiudizi e quelle paure siano del tutto ingiustificati. La mia recente esperienza a Fuerteventura me l’ha ampiamente dimostrato.
Comunque, ammesso e non concesso che sia necessario porre dei limiti, la mia proposta è di cominciare a ragionare su dei limiti di tipo temporale, non più di tipo spaziale. Mi spiego meglio. Anziché affannarsi a cercare un “luogo adatto” da destinare specificamente alla possibilità di stare nudi, perché non individuare un determinato lasso di tempo (per esempio, un giorno alla settimana oppure una settimana ogni due mesi), nel quale in tutti gli ambienti naturali del Comune – siano essi la spiaggia, il bosco, la campagna, la riva del lago – vige la regola del clothing optional, secondo cui ciascuno può stare a suo piacimento nudo o vestito, senza il timore di incorrere in sanzioni?
Sono convinto che l’attuazione di questa proposta avrebbe una serie di effetti positivi, sia dal punto di vista dei nudisti, sia dal punto di vista delle amministrazioni comunali. Mi limito a sintetizzarne alcuni:
- si respinge l’accusa di voler sottrarre spazi a chi non ama stare nudo: nessuno spazio viene destinato esclusivamente e definitivamente alla sola pratica nudista; inoltre, la previsione di un lasso di tempo, all’interno del quale la nudità è concessa, permette di modulare la quantità a seconda delle esigenze;
- si evita la creazione di “ghetti” nudisti, che a mio avviso sono estremamente dannosi, in quanto alimentano il pregiudizio che dopotutto, dietro quella “siepe che il guardo esclude”, accada chissà che cosa, con il conseguente stigma a carico di coloro che passano al di là della siepe;
- si crea, sia pure temporaneamente, una situazione di tipo “spagnolo”, nella quale si educano le persone a convivere con la nudità, facendo capire loro che si tratta non soltanto di una cosa assolutamente normale, che può essere accettata senza problemi, ma anche di uno stile di vita del tutto adatto a famiglie e bambini;
- si consente a Comuni limitrofi di coordinare le loro “giornate clothing optional“ (in un Comune si può stare nudi il lunedì, nell’altro il martedì; in un Comune si può stare nudi la prima settimana di giugno, nell’altro la seconda; e così via), in maniera tale da ottenere la situazione ottimale per sfruttare al meglio il turismo nudista;
- si rende evidente che, di fatto, in mezzo alla natura vi sono ben pochi luoghi “non adatti” alla nudità e che coloro i quali stanno nudi nella natura non sono un pericolo pubblico, ma uomini e donne che amano e rispettano l’ambiente.
Insomma, lancio la mia proposta al sindaco di Minori e a tutti gli altri sindaci d’Italia che vogliano dimostrarsi sensibili anche nei confronti delle esigenze delle minoranze e di una parte non indifferente di turisti italiani e stranieri. Non state a cercare improbabili “luoghi adatti” al nudismo, ma adoperatevi affinché nei vostri Comuni vengano previste giornate clothing optional! Sono pronto a scommettere che saranno un successo, che incrementeranno i flussi turistici e che ben presto aumenterete il numero di queste giornate. Chi accetta la scommessa?