Denudarsi per essere liberi

L'imperfezione della nudità

Sarah Carey, giornalista del quotidiano irlandese Independent, racconta la sua prima esperienza nudista in un campeggio francese, che le ha permesso di scoprire tutta la sublime imperfezione della nudità, potente antidoto contro la tirannia dell’immagine del corpo ideale.


Qualche settimana fa sono stata in uno splendido campeggio naturista francese. Aveva ottimi servizi, tra cui un “balneo”, una specie di giardino realizzato in stile romano: aveva un lastricato di pietra, colonne, vasche idromassaggio, piscine e una piacevole vegetazione. Là i vestiti erano ufficialmente banditi.

Manco a dirlo, ero tutta in ansia all’idea di mettermi nuda. Nessun intervento chirurgico e nessun pilates sarebbe in grado di riparare i difetti della mia pancia, che ha dato alla luce tre bambini di 3,8 chilogrammi ciascuno.

C’era anche la questione dei miei “cespugli”. Sono di principio contraria alla moda di tagliare eccessivamente i peli femminili, ma non ho mai avuto bisogno di manifestare pubblicamente questa mia contrarietà. Lo slip a vita alta del mio costume da bagno non aveva mai richiesto una depilazione in vista delle vacanze, e adesso era troppo tardi per dedicarsi all’arte topiaria. Avrei dovuto mettere in mostra i miei principi!

Ero nervosa, ma determinata, quando sono entrata per la prima volta nel balneo. Mi sono spogliata velocemente. Notando che ero quasi l’unica ad avere tutti i miei peli pubici – cosa che mi appariva in contrasto con la filosofia naturista -, ho sistemato il mio asciugamano in maniera da nascondermi un po’ e mi sono cercata una sdraio in un angolo tranquillo. L’esperienza è stata però affascinante. Tanto affascinante che sono tornata il giorno dopo, e il successivo, e quello dopo ancora. Ogni volta non vedevo l’ora di spogliarmi. E così cominciai a osservare chi e come sono i nudisti.

La stragrande maggioranza degli ospiti del campeggio erano persone di una certa età. Erano chiaramente nudisti da parecchio tempo, come dimostrava la loro pelle abbronzata e priva di segni del costume. Ho visto membri di ogni forma e dimensione, ma poiché non c’è nulla di meno erotico di un pene flaccido, la nudità era completamente desessualizzata. Sui corpi c’erano bitorzoli, smagliature, cicatrici. Fuori, impazziamo ad aggrapparci alla perfezione della giovinezza; qui, si accettavano le imperfezioni dell’età.

Coppia nudista La rivelazione più grande sono stati i fondoschiena femminili. Liberati dagli abiti, i sederi a forma di pera regnavano sovrani. C’erano alcuni esemplari piuttosto magri, ma sembravano patetici in confronto alla magnificenza delle piene rotondità.

Nel mondo “vestito”, siamo oppressi dalla tirannia di un ideale fisico irraggiungibile e malsano. Qui, invece, la perfezione era qualcosa di anormale. Ho visto un uomo – probabilmente sui 40 anni – che era tonico e bello. In quel contesto, però, non l’ho trovato attraente. Il che sta a dimostrare quanto siamo portati a stigmatizzare ciò che non è conforme al contesto.

Talvolta presumiamo che le persone grasse siano pigre, avide o prive di autocontrollo. Mi sono resa conto di quanto sia facile creare una norma – nel caso della forma del corpo, in maniera del tutto artificiosa – e far sì che chiunque non vi si conformi si senta in colpa con se stesso. Se l’industria della pubblicità decidesse di mostrare soltanto donne con i capelli rossi, nel giro di poco tempo ci tingeremmo tutte i capelli e ci chiederemmo perché siamo state così sfortunate da nascere bionde o brune. Mi sono persuasa che è questo il motivo per cui la mia generazione era in minoranza nel campeggio naturista: noi giovani siamo come schiacciati dal senso di vergogna e dall’ansia per l’aspetto del nostro corpo.

In seguito chiacchierai di quest’argomento con mio marito e una simpatica coppia di olandesi. L’olandese, che aveva un paio di begli occhi vispi e un sorriso accattivante, disse che dopo tutto non aveva bisogno di togliersi i vestiti per sentirsi libero. Questo – pensai tra me – è perché sei già libero. Io sono una donna e, nonostante tutte le libertà che mi assicura la legge, vivo in una prigione, dove ogni aspetto della mia vita è controllato dagli uomini e giudicato dalle donne. Indossare i vestiti per rendermi più bella è solo una manifestazione di disgusto nei confronti del mio corpo. Togliermi i vestiti è l’unico modo per liberare davvero me stessa!

Libera traduzione di Getting naked to feel free.

Pubblicato in Nudismo in generale, Testimonianze | Contrassegnato , , , | 2 commenti

Un sacerdote fra i nudisti

Frère Jacques, un sacerdote naturista

Ogni estate, fra Jacques trascorre le sue vacanze presso il Centre Héliomarin di Montalivet. Per l’uomo di Chiesa, nudismo e fede cattolica non hanno nulla di incompatibile.

Nella foto qui sopra vediamo fra Jacques nella veranda del suo bungalow, con la Bibbia in mano. L’anziano uomo è completamente nudo, ha i tratti segnati dall’età, la pelle abbronzata dal sole e una lunga barba bianca. Verrebbe quasi da pensare di trovarsi di fronte a uno degli antichi eremiti paleocristiani, quei monaci che si allontanavano da tutto e da tutti, per vivere nel deserto dedicando la loro esistenza alla meditazione e alla preghiera.

Ma la comparazione si ferma al livello della mera impressione, dal momento che fra Jacques è ben lungi dall’essere isolato nel Centre Héliomarin di Montalivet. Al contrario, da quando ha cominciato a frequentare questo centro, 65 anni fa, il religioso ha stretto numerose amicizie. «Sono arrivato appena ieri sera e ho già ricevuto due visite», racconta sorridendo.

Fra Jacques scoprì il nudismo all’età di 19 anni. All’epoca non era ancora prete e stava studiando lettere a Parigi. Un amico gli propose di sbarazzarsi dei vestiti per qualche settimana per andare in vacanza a Montalivet, dove un certo Albert Lecocq aveva appena inaugurato il primo centro naturista d’Europa.

All’inizio, l’idea di andare in mezzo ai “culi nudi” non attirava per niente fra Jacques. Gli pareva a priori contraria ai precetti cattolici che egli seguiva sin dall’infanzia. Ma il suo amico gli fece conoscere un medico, il dottor Fougerat de Lastours, che era l’autore di una tesi sui benefici del nudismo. «Egli smontò tutti i preconcetti che nutrivo allora, spiegandomi anche che molti cristiani praticavano il nudismo», racconta oggi il religioso. Insomma, si convinse e arrivò per la prima volta a Montalivet nell’estate 1951.

Frère Jacques: un sacerdote naturista

All’epoca il campeggio aveva appena un anno di esistenza. Era stato allestito su un terreno che durante la Liberazione, nel 1945, era stato devastato da un incendio. Fra Jacques ricorda un panorama pieno di desolazione: «Il terreno era nero, gli alberi carbonizzati e si doveva camminare su un sentiero di sabbia mista a cenere per arrivare alla spiaggia». Un vero percorso di guerra. Però la meta valeva la pena della fatica.

«Era un cammino lungo e scomodo. Ma quando si arrivava in cima alle dune, si otteneva la ricompensa. La spiaggia ampia, sconfinata, con un centinaio di persone nude che si fondevano col colore della sabbia. Era uno spettacolo inimmaginabile di purezza e di bellezza», si meraviglia ancor oggi fra Jacques.

Il religioso trova nel nudismo uno stile di vita che corrisponde ai suoi valori e alla sua fede. «Il nostro comportamento è basato sul rispetto del prossimo e della natura. Non ci sono sguardi lussuriosi. Se mi capita di incontrare una bella donna, mi dico “Deo gratias” e passo oltre, né più né meno», spiega fra Jacques.

Il prete vede inoltre nel nudismo un buon modo di prendere le distanze dal consumismo e dalle differenze sociali. «Qui c’è un vero crogiolo della società. Le barriere sociali cadono insieme ai nostri vestiti. Sulla spiaggia si può incrociare tanto un ammiraglio quanto un calzolaio, uguali nella semplicità della nudità», osserva fra Jacques.

Così, il religioso non trova alcuna contraddizione tra il nudismo e la fede cristiana, ma piuttosto una simbiosi. Fra Jacques ne è profondamente convinto: «Dire che stare nudi è peccato, è un errore grossolano: la nudità è di per sé innocente; è il comportamento che teniamo – non importa se nudi o vestiti – che può essere sbagliato».

Quando fra Jacques venne ordinato sacerdote, all’età di 32 anni, i presidenti delle federazioni naturiste nazionali e internazionali erano presenti alla cerimonia. A 84 anni, fra Jacques è oggi una persona conosciuta e apprezzata da tantissimi frequentatori del Centre Héliomarin di Montalivet. Del resto, egli non si nasconde, anzi. Tutte le sere indossa i suoi abiti liturgici per celebrare la messa presso il suo bungalow.

Libera traduzione di Un curé chez les culs nus.

Pubblicato in Nudismo all'estero, Testimonianze | Contrassegnato , | 2 commenti

Sogno nudista

Nudità nei luoghi pubblici

Dopo una bella dormita, una doccia rinfrescante e una salutare colazione, ero pronto per andare in ufficio. Presi la borsa con il mio laptop, baciai mia moglie, mi misi le scarpe e uscii di casa. La temperatura era intorno ai venti gradi, il cielo leggermente nuvoloso. Mentre chiudevo la porta d’ingresso, feci un cenno di saluto alla mia vicina di casa, che stava aprendo la portiera della macchina ai suoi bambini. Lei ricambiò cordialmente il saluto. Mi avviai verso la fermata dell’autobus, distante appena cinque minuti, mentre la macchina della mia vicina mi passava accanto. C’erano due uomini che camminavano sul marciapiede, diretti alla fermata dell’autobus. Uno di loro era nudo, come me; l’altro indossava un paio di pantaloni beige e una maglietta bianca. Da quando il governo aveva approvato il decreto sulla nudità, stare nudi in tutti i luoghi pubblici era diventato legale e piano piano sempre più persone si giovavano di questa libertà.

Alla fermata dell’autobus incontrai la mia amica Chiara, che non indossava altro che un paio di scarpe e una collana. Mi salutò, lieta di fare il viaggio verso l’ufficio insieme a me. Chiara era una nudista convinta già prima del decreto sulla nudità e, adesso che era stato emanato, era felice di non dover più indossare vestiti per le normali attività quotidiane. Chiacchierammo in attesa dell’autobus. Quella mattina non c’erano molte persone e la maggior parte era vestita. Oltre a Chiara e a me, c’erano altri due uomini e una donna nudi. Uno degli uomini portava uno zainetto, l’altro una valigetta. La donna aveva solo una borsetta sulla spalla, un paio di scarpe rosse a tacco medio e un piccolo piercing all’ombelico, che notai quando la luce si riflesse sull’oro.

Nudità pubblica Man mano che l’autobus si avvicinava al centro cittadino, il traffico si faceva più intenso e i marciapiedi più affollati. Mi avvidi che c’erano sempre più persone nude. Sembrava che la primavera e le temperature miti invogliassero la gente ad assaporare il piacere della nudità. Anche certi lavoratori potevano dismettere la tradizionale divisa e stare tutti nudi, eccetto le scarpe, il berretto e l’asciugamano su cui stare seduti. Era il caso di Roberto, l’autista del nostro autobus, che aveva deciso di lavorare nudo il giorno in cui era entrato in vigore il decreto sulla nudità e il suo datore di lavoro aveva informato i propri dipendenti circa i loro diritti.

Era stato così per tutti i lavori, sia pubblici che privati. Con l’eccezione delle mansioni che richiedevano particolari protezioni, ciascun lavoratore aveva libertà di scelta se indossare i soliti vestiti oppure stare nudo, con l’abbigliamento ridotto allo stretto necessario. Ad esempio, i vigili di quartiere potevano indossare solamente il loro caschetto e la cintura con il distintivo. Secondo le statistiche diffuse di recente dal governo, nell’ultimo mese il 17% della popolazione aveva preferito la nudità ai vestiti, con un incremento di 5 punti dall’inizio della primavera. C’era da scommettere che la percentuale sarebbe salita sopra il 20 o addirittura il 30% all’arrivo dell’estate, anche se sarebbero stati necessari uno o due anni, prima che più della metà della popolazione si abituasse a stare nuda nella vita di tutti i giorni. Al tempo stesso, erano crollati gli stupri, le violenze sessuali e i crimini violenti in genere: era evidente che la normalità della nudità riduceva il grado di aggressività.

Salutai Chiara, quando l’autobus si fermò davanti al suo ufficio. Dopo tre minuti ero arrivato a destinazione anch’io. Entrando nell’edificio, fui salutato da Alberto, il guardiano di turno, che indossava la sua uniforme al completo. Alberto aveva passato i cinquant’anni e aveva un po’ di pancetta: mi aveva detto di non sentirsi pronto a mostrare al mondo la sua nudità. Gli avevo risposto che nessuno ci avrebbe fatto caso, giacché sempre più persone andavano in giro nude e nessuno era perfetto. Lui però era ancora restio. Una posizione che tutti i nudisti rispettavano. Era questo il bello del decreto sulla nudità: dava la libertà di scegliere, con rispetto di tutti. È vero: nei primi giorni in cui il decreto era entrato in vigore, c’erano stati alcuni sorrisetti, occhi spalancati e gente che distoglieva lo sguardo. Ma gradatamente la situazione si era normalizzata e le persone avevano smesso di reagire di fronte all’essere nudi o vestiti. Uno degli aspetti positivi era che adesso le persone si guardavano negli occhi e non fissavano più lo sguardo da altre parti. Quello che i nudisti facevano da moltissimo tempo, era ora diventato un comportamento comune.

Nudità in città Appena raggiunsi la mia scrivania, la sveglia del mio telefono suonò per ricordarmi l’appuntamento che avevo alle 8:30 con Michele e Federica. Erano due miei colleghi che erano diventati nudisti poco dopo l’entrata in vigore del decreto. Prima non erano nudisti, ma non appena seppero che io lo ero e mi videro arrivare nudo in ufficio, lo diventarono molto rapidamente. Andai in sala riunioni con il mio laptop sotto il braccio. Erano già lì tutti e due, bevendo un caffè e chiacchierando. Strinsi la mano a Michele, baciai Federica sulla guancia e presi anch’io una tazza di caffè. Dopo una quindicina di minuti ci raggiunse Francesca, la nostra amministratrice delegata. Non soltanto aveva abbracciato anche lei lo stile di vita nudista sin dal primo giorno, ma incoraggiava anche i dipendenti a mettersi nudi, sebbene rispettasse la scelta di ciascuno. Aveva la sensazione che la nudità creasse un ambiente di lavoro più aperto, gradevole e rilassato; e io avevo la sensazione che avesse ragione. In effetti, il livello di soddisfazione degli impiegati aveva mostrato un brusco incremento.

L’intera giornata trascorse ottimamente, in maniera molto produttiva, e si concluse con una piccola festa per la firma di un nuovo grosso cliente, che avrebbe tenuto occupato il mio reparto per almeno sei mesi. Invero una buonissima notizia. Dopo un paio di bicchieri di champagne, uscii dall’ufficio con un leggero capogiro e decisi di camminare per qualche isolato. Durante la giornata le nuvole erano sparite, lasciando spazio a un meraviglioso cielo blu e permettendo alla temperatura di salire. Era un tardo pomeriggio perfetto, uno di quelli nei quali ti chiedi perché mai certe persone si aggrappano ancora ai loro vestiti. Stare nudi dava solo una sensazione di libertà e di benessere. Quindi decisi di fare tutta la strada a piedi fino a casa. Avrei impiegato trenta minuti più del solito, ma il tempo era eccellente e mi sarei goduto la passeggiata tutto nudo attraverso il parco.

Arrivai a casa appena dopo le 19. I bambini stavano ancora giocando all’aperto e molta gente si gustava la mite temperatura primaverile in giardino. Entrai in casa e baciai la mia deliziosa mogliettina in tutta la sua magnifica nudità. Trascorremmo una piacevole serata, cenando e sorseggiando un bicchiere di chardonnay (che probabilmente era un po’ troppo per me, dopo i due bicchieri di champagne che avevo bevuto alla festa in ufficio); poi andammo nella nostra camera, per dedicarci ad attività più intime e private. Mentre stavo per addormentarmi, pensai che avevo trascorso un’altra splendida giornata in nudità e che anche le giornate successive sarebbero state altrettanto meravigliose, grazie al progressivo diffondersi dello stile di vita nudista.

Libera traduzione di A naturist dream.

Pubblicato in Nudismo in generale, Nudità | Contrassegnato , , | 5 commenti

Dormire meglio? Dormire nudi!

Bello dormire nudi!

Lo stile di vita nudista trova un’alleata nella scienza medica. Gli esperti fanno sapere, infatti, che dormire nudi ha diverse ricadute positive sulla salute del nostro organismo, sia dal punto di vista fisico, sia da quello psicologico. E non dimentichiamo che dormire nudi è molto spesso uno dei primi passi sulla strada che conduce alla comprensione dei benefici del nudismo e all’apprezzamento del benessere regalato dalla nudità, non solo quando si dorme, ma nella vita di tutti i giorni.

Ma quali sono questi effetti positivi del dormire nudi? Vediamoli in sintesi.

1. Dormiamo al fresco!
Secondo un luogo comune molto diffuso, si ritiene che il sonno sia conciliato da un bel pigiama caldo. In realtà è vero proprio il contrario. Durante il sonno la temperatura del nostro corpo tende ad abbassarsi, secondo un processo del tutto naturale, che riveste un ruolo importante per la nostra salute: dormire con il pigiama addosso, perciò, rischia di ostacolare questo processo. Parola di una specialista del sonno, la dottoressa Lisa Shives, che fa parte della National Sleep Foundation. E recenti ricerche lo confermano: studiosi dell’University of South Australia hanno dimostrato il legame esistente fra l’alta temperatura corporea e l’insonnia, scoprendo che, per riuscire a dormire normalmente, il corpo ha la necessità di ridurre la propria temperatura. E quale miglior modo per ridurre la temperatura corporea che dormire nudi?

2. Prendiamo aria!
La dottoressa Jennifer Landa, autrice di The Sex Drive Solution for Woman, afferma che dormire nudi è più salutare per le nostre parti intime. È normale che in quelle zone del corpo ci siano batteri e altri microrganismi, ma un ambiente troppo caldo e umido può talvolta causare una proliferazione eccessiva. Per prevenire questo problema è sufficiente togliere semplicemente la biancheria che copre le parti intime e permettere alla pelle di respirare liberamente.

3. Manteniamo alta la qualità dello sperma!
Secondo quanto dimostrato da una recentissima indagine, condotta dalla dottoressa Katherine Sapra del National Health Institute of Child Health and Human Development e pubblicata nell’ambito di un più ampio studio sull’infertilità maschile, gli uomini che dormono nudi riducono del 25% il rischio di frammentazione del DNA contenuto nei loro spermatozoi. È un’ulteriore conferma di quanto scoperto grazie a precedenti studi, che avevano accertato l’influsso negativo della biancheria intima sulla qualità del liquido seminale.

Dormire nudi è meglio

4. Aumentiamo gli ormoni anti-invecchiamento!
Ricerche scientifiche hanno dimostrato che, se durante il sonno la temperatura corporea rimane troppo alta, il nostro corpo tende a diminuire la produzione di melatonina e somatotropina (il cosiddetto ormone della crescita). Quando dormiamo nudi, il nostro corpo rimane più fresco, e ciò stimola la produzione di queste sostanze, che svolgono un ruolo essenziale per il nostro benessere, giacché hanno una potente azione antiossidante e sono responsabili, fra l’altro, della regolazione del ciclo sonno-veglia, dello sviluppo corporeo e del controllo della massa adiposa.

5. Agevoliamo la perdita di peso!
Un altro ormone influenzato dalla temperatura corporea notturna è il cortisolo, la cui produzione viene ridotta se dormiamo nudi. Un alto livello di cortisolo incide, fra l’altro, sul senso di fame, sulla pressione sanguigna e sull’umore: se dormiamo infagottati nel pigiama, è dunque molto probabile che al risveglio saremo affamati, affaticati e irritabili. Ma è dimostrato che dormire nudi determina nel nostro corpo anche un maggior consumo di calorie (circostanza che ci aiuta a mantenere la linea) e una più elevata produzione del cosiddetto tessuto adiposo bruno, ossia di quel “grasso buono” che protegge dall’obesità.

6. Dormiamo più comodi e meglio!
Elastici troppo stretti che lasciano il segno della loro presa sul nostro corpo, pantaloni dei pigiami che si avviluppano intorno alle gambe, canottiere che ci tengono addosso il nostro sudore: ecco alcuni piccoli problemi che spariscono del tutto grazie alla nudità. Se dormiamo nudi, la nostra pelle, libera di respirare, e la circolazione sanguigna dei nostri capillari, non più ostacolata, ci ringrazieranno regalandoci una piacevole sensazione di benessere. E non ci vogliono molte dimostrazioni scientifiche per sapere che, se dormiamo meglio, l’intera nostra salute ne trae beneficio.

Insomma, cos’altro volete per convincervi a dormire completamente nudi? Vedrete che il benessere che proverete dormendo grazie alla nudità, vi farà venire voglia di stare nudi anche fuori dal letto! E allora forse vi chiederete come diventare nudisti… 🙂

Pubblicato in Salute | Contrassegnato , , | 11 commenti

Nudo quotidiano

Nudo quotidiano

Scollegare la nudità dal peccato e dalla pornografia: è questo lo scopo di una serie di ritratti realizzati da una fotografa brasiliana ventiseienne. Il progetto di Andrea de Lima intende liberare il corpo nudo dal tabù del proibito, dal quale è ammantato nella società contemporanea. Per spogliare le sue immagini da questo “peso”, l’artista ha scelto di mostrare nude delle persone comuni, riprese nei consueti atteggiamenti della loro vita quotidiana.

«Tutti nascono nudi, e questa è un’affermazione impossibile da contraddire. Tuttavia, appena veniamo al mondo ci mettono un berretto in testa, ci avvolgono in un panno e ci coprono le “vergogne”. Dopo tutto, perché tutta questa vergogna?» È questa la domanda che costituisce il punto di partenza del lavoro di Andrea.

L’artista racconta che l’interesse a realizzare fotografie di persone nude le è venuto dopo aver lavorato come modella. «Ho posato nuda per due fotografi e l’ho trovata un’esperienza straordinariamente liberatoria», dice.

A partire da tale esperienza, Andrea ha cominciato a pensare a un progetto che coinvolgesse la nudità, ma in una maniera differente, per sfuggire al sensuale e al pornografico e per riflettere il naturale. «Sono cresciuta vedendo mia madre nuda. Quand’era caldo, stava sempre nuda. Questa libertà del corpo è una cosa sana. Così ho voluto dimostrare che la nudità in sé non è né peccaminosa né erotica», commenta.

Secondo Andrea la nudità, pur essendo naturale, ha finito per essere legata alla sessualità, perché al giorno d’oggi indossiamo i vestiti anche quando non sarebbe necessario e generalmente ci mettiamo nudi insieme ad altri solo quando facciamo sesso. «Purtroppo in questa maniera ci siamo abituati all’idea sbagliata che ci spogliamo con qualcun altro solamente per fini sessuali», aggiunge.

La soluzione trovata dall’artista per rompere questo preconcetto è stata quella di ritrarre le persone in situazioni di vita quotidiana, ma senza i vestiti che si utilizzano di solito. «Mi chiedevo perché mai stiamo vestiti in casa anche quando fa caldo».

Le sessioni fotografiche sono cominciate all’inizio del 2014. Andrea spiega che dapprincipio i soggetti ritratti erano amici e conoscenti. Poi, grazie alla diffusione dell’iniziativa sui social network, è stata contattata da persone sconosciute, interessate ad essere fotografate.

Dopo la scelta della persona da riprendere, la sessione fotografica aveva luogo, di solito, nella stessa abitazione del soggetto ritratto, in modo da rappresentare la sua normale vita quotidiana. Ogni foto è stata per Andrea un momento unico, un’esperienza differente. La durata della sessione dipendeva dalle singole persone e dal rapporto che avevano con il loro corpo. «I soggetti erano liberi di scegliere quando spogliarsi e cosa fare mentre erano nudi. Ho conosciuto un ragazzo che si è tolto subito i vestiti: era molto a suo agio con il suo corpo nudo. In ogni caso, una volta spogliate, tutte le persone hanno vissuto la loro nudità come una situazione del tutto naturale», racconta. «Solo pochi hanno esitato e chiacchierato a lungo prima di spogliarsi: avevano bisogno di sentirsi sicuri, perché senza vestiti provavano un senso di vulnerabilità».

Con il suo progetto, Andrea si augura di contribuire a rompere i tabù che circondano la nudità, affinché la gente cominci a ripensare il proprio rapporto con il corpo e con gli altri, mostrando che la nudità non è una cosa scandalosa o proibita, bensì un elemento naturale proprio degli esseri umani.

Libera traduzione di Nu cotidiano.

Pubblicato in Nudismo all'estero, Nudità | Contrassegnato , , | 3 commenti

Depenalizzazione: quando la parola inganna

Niente più denunce per i nudisti?

Lo scorso 6 febbraio è entrata in vigore la depenalizzazione introdotta dal Decreto Legislativo 15 gennaio 2016 n. 8, in attuazione della Legge delega 28 aprile 2014 n. 67. La nuova normativa rischia di interessare da vicino i nudisti, perché modifica pesantemente la disciplina di cui all’art. 726 del codice penale (così come quella dell’art. 527, per il quale si possono fare considerazioni analoghe a quelle che seguono).

Ebbene, tale articolo, finalizzato a reprimere gli atti contrari alla pubblica decenza, era tradizionalmente invocato da chi intendeva condannare coloro che venivano sorpresi nudi su una spiaggia o altrove. In realtà, ormai da parecchi anni vari giudici, chiamati a pronunciarsi sull’applicazione del “vecchio” art. 726 del codice penale, erano giunti alla conclusione che questa norma non potesse più essere usata contro la pratica nudista.

Un paio d’anni fa, ad esempio, il Giudice di Pace di Ravenna, aveva osservato che «ad una sempre più rapida modificazione dei costumi, di cui è possibile prendere atto anche solo notando la dilagante esposizione (spesso con un esplicito richiamo erotico) del nudo – nelle rappresentazioni cinematografiche o televisive, nelle riviste e nei periodici a larga diffusione – si accompagna una generalizzata sensibilità nei confronti di fenomeni innovativi del costume sociale in senso liberale. Prevale, cioè, anche di fronte ad atteggiamenti non condivisi dall’uomo medio, il rispetto dell’altrui libertà e, dunque, la tolleranza anche verso forme di estrinsecazione della personalità inconcepibili fino a non molto tempo fa». E da ciò il Giudice aveva tratto la conclusione «che il sentimento medio della collettività, che dimostra di tollerare ben altro genere di aggressioni alla sfera del decoro e del pudore ad opera dei mezzi di comunicazione, non sia affatto leso dalla pratica del nudismo», nudismo che pertanto risulta «inoffensivo, anche se svolto in un luogo pubblico quale è la spiaggia». Ampi brani di questa lucida sentenza sono stati a suo tempo riportati in questa pagina.

Per molti giudici il nudismo non è contrario alla pubblica decenzaOra il “nuovo” art. 726 del codice penale, come novellato dalla recente riforma, dispone che «Chiunque, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti contrari alla pubblica decenza è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 10.000». Per le violazioni «è competente a ricevere il rapporto e ad irrogare le sanzioni amministrative il prefetto» (art. 7 del D.Lgs. 8/2016).

La fattispecie contemplata dall’art. 726, dunque, non è più un reato contravvenzionale, ma un “semplice” illecito amministrativo. Tutto bene, allora? Purtroppo non è così… semplice.

In primo luogo, salta immediatamente all’occhio lo spropositato aumento dell’ammontare minimo della sanzione. Il “vecchio” art. 726, infatti, prevedeva due sanzioni alternative: o l’arresto fino a un mese (peraltro convertibile in una pena pecuniaria, che teoricamente avrebbe potuto raggiungere cifre anche piuttosto elevate) o un’ammenda da euro 10 a euro 206. Adesso la sanzione amministrativa pecuniaria va da un minimo di euro 5.000 a un massimo di euro 10.000. I numeri parlano da sé: la sanzione ha sì cambiato nome e natura, ma il suo minimo è stato nientepopodimeno che cinquecentuplicato! Anche senza voler essere maliziosi, la novità ha davvero tutta l’aria di voler fare facilmente cassa grazie alle sanzioni amministrative…

In secondo luogo, muta il procedimento, che ora diventa molto più sbrigativo. Non più un processo penale davanti al giudice di pace, ma un procedimento amministrativo incardinato presso la prefettura. È evidente che il primo – anche se potenzialmente idoneo a condurre a una condanna penale e quindi a conseguenze giuridicamente più “gravi” del secondo – offre però in cambio un maggiore spazio al diritto di difesa. Nel primo caso, infatti, la sanzione arriva solo a conclusione del processo, e sempre che prima il pubblico ministero non si convinca dell’innocenza dell’imputato e chieda al giudice, com’è spesso capitato anche di recente, l’archiviazione del procedimento; nel secondo caso, invece, prima arriva la sanzione e poi – solo se il malcapitato presenta ricorso al prefetto e/o impugna il provvedimento davanti al giudice di pace – si potrà discutere della sua difesa.

Nudo nel boscoCosa fare dunque di fronte a queste novità legislative?

A mio avviso, occorre considerare che la fattispecie punita dall’art. 726 non è cambiata. Quindi, se prima i giudici non ritenevano il nudismo come un “atto contrario alla pubblica decenza”, non vi è ragione per avere un’opinione diversa adesso che è mutata la sanzione posta a presidio della norma in questione. Anzi, direi che proprio l’enormità delle sanzioni può essere un argomento per sostenere che lo scopo della norma non è certo quello di punire chi si mette semplicemente nudo mentre prende il sole in spiaggia o fa una camminata in montagna. Sanzioni così elevate inducono a ritenere che il fine della norma è quello di castigare chi mette in atto comportamenti gravemente riprovevoli e davvero “contrari alla pubblica decenza”, come chi lascia in giro i propri rifiuti, chi deturpa le cose pubbliche, chi fa scempio delle bellezze artistiche e naturali, e così via.

Agli occhi di qualsiasi persona ragionevole appare evidente che non si può colpire con una sanzione di 5.000 euro un comportamento che nella maggior parte degli altri Paesi d’Europa è tranquillamente tollerato. No, se in un passato ormai sempre più lontano la nudità poteva essere giudicata “contraria alla pubblica decenza”, oggi – in un Paese che pretende di essere civile e liberale, quando sempre più si dimostrano i benefici della nudità all’aria aperta – non è più ammissibile!

E se coloro ai quali è demandato il potere di irrogare le sanzioni – refrattari ai più elementari argomenti di ragionevolezza e invece inclini ad assecondare i facili introiti delle stratosferiche sanzioni – applicassero il nuovo art. 726 anche alla pratica nudista? Ebbene, io credo che qui un ruolo molto importante potrà essere giocato dalle associazioni nudonaturiste. Qui si parrà la loro nobilitate, mi verrebbe da dire parafrasando il sommo poeta! Grazie alla forza del loro essere “gruppi di persone”, e facendo rete tra di loro, le associazioni hanno la possibilità, se lo vorranno, di:

  1. Difesa del diritto a stare nudiaiutare fattivamente quei nudisti che avranno la sfortuna di venire sanzionati, non solo al fine di far annullare la sanzione nel singolo caso concreto, ma anche – e soprattutto – al fine di creare fin da subito dei “precedenti” che scoraggino ogni ulteriore tentativo delle forze dell’ordine di applicare il nuovo art. 726 alla pratica nudista;
  2. promuovere una convincente azione di sensibilizzazione presso i prefetti: poiché è a questi ultimi che la normativa attribuisce la competenza a ricevere i rapporti e irrogare le sanzioni, è chiaro che, se si riesce a far comprendere loro che il nudismo è una pratica benefica e inoffensiva, sarà stato fatto un decisivo passo in avanti;
  3. sostenere i ricorsi al giudice di pace avverso gli eventuali provvedimenti prefettizi negativi, in maniera tale che si confermi la giurisprudenza favorevole al nudismo e ciò costituisca, ove ve ne fosse bisogno, un ulteriore argomento di persuasione di prefetti e forze dell’ordine.

Insomma, la novità normativa, se da un lato presenta il rischio di un ritorno al passato suggerito dalla voglia di fare cassa con sanzioni esorbitanti, dall’altro offre l’opportunità di affermare definitivamente che lo stare semplicemente nudi in contesti adeguati non rientra fra gli “atti contrari alla pubblica decenza”. Sta a noi stessi nudisti contribuire a scongiurare il rischio e cogliere l’opportunità!

Pubblicato in Notizie nudiste, Questioni legali | Contrassegnato , , , | 7 commenti

Quanto aspetterai a svelare che sei nudista?

Sono nudo! Sono nudista!Cosa diresti, se ti chiedessero perché ti piace così tanto essere nudista? Probabilmente risponderesti ricorrendo a espressioni come “senso di libertà”, “piacere”, “modo per rilassarsi” e “accettazione di sé”. Oppure ti riferiresti all’atmosfera accogliente e amichevole che si è creata nell’ambito del tuo gruppo di amici nudisti. Oppure ancora cercheresti di descrivere quella esperienza fantastica che è starsene nudi in mezzo alla natura, in pace con se stessi e con il mondo intero. Ma potresti avere mille altri buoni motivi per spiegare perché il nudismo sia così bello.

A prescindere dalle ragioni che secondo te rendono splendido ogni istante in cui puoi stare nudo, sono sicuro che, in quanto nudista, nutri due grossi desideri: in primo luogo, vorresti che tutti potessero sperimentare il piacere che ci viene regalato dal nudismo, perché solo l’esperienza diretta vale più di cento spiegazioni; in secondo luogo, vorresti poter dire tranquillamente in giro che sei un nudista (come potresti dire che sei un ciclista, un filatelico o un appassionato di giardinaggio), senza paura di cadere vittima di malintesi o di pregiudizi.

In effetti, il rivelare di essere un nudista (mutuando un’espressione inglese, potremmo parlare di coming out) è un passo difficile. Anzi, concorderai con me nel dire – senza tema di esagerare – che la grande maggioranza dei nudisti italiani si guarda bene dal compiere questo passo. Perché? La risposta – dirai – è scontata: essendo diffuso il preconcetto che essere nudisti significa essere esibizionisti o maniaci sessuali, c’è il timore di essere giudicati male e di perdere la stima o l’amicizia delle persone che ci stanno intorno. Così, molti nudisti non dicono di essere tali ai loro genitori, ai loro figli e perfino ai loro amici più intimi.

Sfortunatamente, il non poter essere del tutto sinceri quando si parla di come si trascorre il proprio tempo libero o quando si raccontano le proprie vacanze, risulta a lungo andare piuttosto stressante. Bisogna essere sempre pronti a inventare qualcosa o tacere su qualcos’altro, e con il costante timore di essere scoperti o di essere infine costretti a dire la verità come se fosse una colpa.

Il coraggio di buttarsi

Eppure, se noi nudisti trovassimo il coraggio di rivelarci come tali, i benefici sarebbero molto grandi. Sia per noi come singoli, sia per la causa del nudismo in generale. Fare coming out sul nostro essere nudisti, infatti, può ad esempio avere questi effetti positivi:

  • ci consente di essere sinceri con le persone a cui vogliamo bene;
  • elimina la nostra ansia di essere scoperti accidentalmente o di incontrare inaspettatamente un conoscente su una spiaggia nudista;
  • ci fa sentire maggiormente a nostro agio con il nostro modo di vivere a contatto con la natura;
  • ci permette di parlare liberamente delle nostre attività nudiste con orgoglio ed entusiasmo;
  • ci dà maggiore forza e decisione nella difesa delle nostre scelte;
  • ci rende capaci di sostenere apertamente la filosofia nudista, contribuendo alla sua promozione e diffusione;
  • ci può far scoprire che tra i nostri amici c’è chi già pratica il nudismo o sarebbe interessato a praticarlo;
  • svolge un ruolo essenziale nella dimostrazione della falsità dei pregiudizi che gravano sul nudismo.

Con l’ultimo punto siamo paradossalmente tornati al principio. In effetti potremmo dire di trovarci di fronte a un circolo vizioso: il nudismo è visto con sospetto e pregiudizio, quindi stiamo zitti sul nostro essere nudisti; ma se stiamo zitti, contribuiamo a far credere che i nudisti siano quattro gatti assatanati di sesso e per di più rischiamo di cadere vittime proprio di quei preconcetti che vorremmo evitare! Infatti, qualora la nostra pratica nudista venisse scoperta accidentalmente, daremmo un facile pretesto per far pensare che abbiamo taciuto perché ci sentiamo colpevoli di aver seguito un comportamento indecoroso o di aver compiuto un’azione riprovevole.

Nel momento in cui riveli di essere nudista alle persone che ti sono vicine, in maniera del tutto semplice e naturale, ecco che riesci a dare un colpo decisivo al circolo vizioso che alimenta il pregiudizio. Dopo l’inevitabile momento di sorpresa, i tuoi amici, parenti e colleghi non potranno fare a meno di riflettere: se quella persona che conoscono da molti anni, per la quale nutrono amore, stima o rispetto, fa sapere loro che pratica il nudismo, probabilmente cominceranno a pensare che non tutte le cose negative che si sentono dire in giro sul nudismo sono vere. In ogni caso, sarà ben difficile che perdano l’amore, la stima o il rispetto per qualcuno per colpa del nudismo!

Sia chiaro, però, che non saranno sempre rose e fiori. Devi mettere in conto che per molte persone, ovviamente quelle più retrive e bigotte, il tuo essere nudista sarà qualcosa di inconcepibile. Comunque, una volta che avrai rotto il ghiaccio rivelandoti, sarà probabilmente più facile provare, piano piano, a convincerle che il nudismo è una cosa positiva. Ma può darsi che alcune persone siano talmente ottuse da non voler intendere ragione: in tal caso, come disse il sommo poeta, «non ragioniam di lor, ma guarda e passa»! Chi ti vuole davvero bene, avrà certamente la pazienza di ascoltarti e la ragionevolezza di rispettare le tue scelte.

Evviva il nudismo!

Intendiamoci. Rivelare di essere nudista non significa scrivere la parola «nudista» sul proprio biglietto da visita, né mostrare o pubblicare su internet le proprie foto senza veli, né dichiarare sui giornali o sui social network «ehi, sappiate tutti che io, Pinco Pallino, sono nudista»… Certo che no. È ovvio che ciascuno di noi, in relazione alle proprie faccende personali (a prescindere dal nudismo), ha un grado di riservatezza più o meno elevato, che è giusto rispettare. Ma quando racconto a una mia cara amica le vacanze che ho fatto, perché devo inventare che sono andato chissà dove, quando invece mi sono rilassato in un bel campeggio naturista? E se il mio migliore amico mi confida l’emozione che ha provato nel fare un’escursione fra le montagne, in un ambiente solitario e selvaggio, perché non gli dico che anch’io ho sperimentato una tale emozione, ma resa ancora più intensa dal mio essere stato completamente nudo in mezzo a quella natura così straordinaria? Insomma, fare coming out come nudisti non vuol dire fare annunci reboanti, ma parlare semplicemente, normalmente e con pacata naturalezza del nostro essere nudisti.

Se ci atteniamo alle stime più prudenti, in Italia c’è più di mezzo milione di persone che pratica regolarmente il nudismo. Probabilmente ce ne sono molte di più, se consideriamo anche coloro che hanno provato occasionalmente un’esperienza nudista. Pensa un po’ quale effetto positivo e dirompente il coming out di tutte queste persone avrebbe sull’immagine del nudismo e sull’accettazione dello stesso in Italia! Il nudismo non verrebbe più considerato – come purtroppo ancor oggi accade – come una squallida questione che riguarda un manipolo di depravati sessuali, bensì come una maniera sana di vivere a contatto con la natura, praticata da un numero considerevole di persone “normali” e degne di essere rispettate nelle loro scelte.

Pensaci: il coming out dei nudisti italiani comincia anche da te e dalla tua piccola cerchia di amici!

Pubblicato in Coming out, Nudismo in generale | Contrassegnato , , | 13 commenti

Come spiegare la bellezza del nudismo

Il piacere di stare nudi

Molti di coloro che lo praticano vivono il nudismo in maniera clandestina, di nascosto e come se fosse un demerito. Parecchie persone frequentano spiagge e campeggi dedicati ai nudisti, senza dirlo ai loro amici o ai loro familiari. E si astengono dal raccontare come hanno trascorso le loro vacanze, per evitare di rendere noto che amano vivere il tempo libero in nudità. È indubbio: molti hanno paura delle conseguenze di una simile rivelazione, temono di essere mal giudicati, derisi o addirittura condannati senza appello.

Ecco qui quattro semplici argomenti che possono essere utili, qualora capitasse l’occasione di parlare di nudismo con i vostri parenti e amici.

1. Citate la definizione ufficiale della Federazione Naturista Internazionale, secondo la quale «il naturismo è un modo di vivere in armonia con la natura, che si manifesta attraverso la nudità sociale, con lo scopo di favorire il rispetto di se stessi, degli altri e dell’ambiente». Il nudismo è una pratica nobile e di antica tradizione, seguita in tutto il mondo da milioni di persone, ed è perfettamente legale nella maggior parte dei Paesi europei e in molti Paesi extraeuropei.

2. Ponete la seguente domanda: «Se ti trovassi da solo su una spiaggia deserta e fossi sicuro al 100% che nessuno ti vede, faresti il bagno nudo o con il costume addosso?» Qualsiasi sia la risposta, può essere un buon punto di partenza per iniziare una conversazione sulla gioia che proviamo quando facciamo il bagno nudi. Anche i più riluttanti nei confronti del nudismo possono convenire che fare il bagno nudi è una fonte di piacere (d’altronde, chi mai si rilassa nella vasca da bagno o sotto la doccia con un costume addosso?!?). E se si fa il bagno nudi, perché non riposare sotto l’ombrellone o leggere un libro o fare una passeggiata… nudi?

3. Un’altra domanda che potete fare: «Se tu avessi il potere di cambiare qualcosa nel tuo corpo, cosa cambieresti e perché?» Quasi sempre le persone vorrebbero cambiare qualcosa: eliminare le maniglie dell’amore, procurarsi dei robusti addominali, avere un seno più sodo e così via. Da qui si può iniziare una conversazione sull’ideale di corpo perfetto che ci viene propinata dai mass media, per poi proseguire con l’effetto benefico che la pratica nudista ha sul piano dell’accettazione del proprio corpo. Beninteso: accettare il proprio corpo non significa avere un atteggiamento di trascuratezza nei suoi confronti, bensì avere un rapporto più sereno con i suoi difetti e imperfezioni. Il nudista non si vergogna della propria nudità, perché ama il proprio corpo così com’è. E rispetta la nudità altrui, senza provare disgusto né curiosità morbosa.

4. Lanciate un invito a provare l’esperienza nudista. Dopo tutto, come si fa a giudicare negativamente o positivamente una cosa, se non la si sperimenta di persona? E questo vale in particolar modo per il nudismo: per comprendere le sensazioni di benessere regalate dalla nudità, una sola esperienza diretta conta più di mille discorsi. In verità però – confessiamolo – provare il nudismo ha una grossa controindicazione: crea dipendenza! 🙂

Nudisti insieme

Certo, nonostante tutti i buoni argomenti, talune persone continueranno a pensare che siete un po’ strani, magari si sentiranno in imbarazzo e vi chiederanno di non parlare più di queste cose in futuro. L’accettazione del corpo e la nudità sono argomenti tabù. Le convenzioni sociali, condizionate da pregiudizi duri a morire, inducono la gente a guardare la nudità pubblica con sospetto. Ma l’unico modo per fare qualche progresso è parlare del nudismo in maniera aperta e tranquilla: solo così potremo sperare di far capire che il nudismo è una fonte di benessere fisico e psicologico, che bisogna riconoscere la legittimità della pratica nudista e che il corpo nudo ha una dignità che merita ogni rispetto.

Cominciamo a cambiare atteggiamento noi nudisti. Smettiamola di nascondere che abbiamo fatto una vacanza nudista. Il nudismo è bello, è salutare, è divertente! Spieghiamolo a tutti! Pochi non capiranno, alcuni avranno il desiderio di provare, molti comprenderanno che anche i nudisti hanno il diritto di essere rispettati.

Liberamente ispirato a 4 ways to explain to friends and family why you are a nudist.

Pubblicato in Coming out, Nudismo in generale | Contrassegnato , , | 8 commenti

Disimparare la vergogna per la nudità

Vergogna della nudità

È uno tra i più classici incubi notturni: vi trovate in una stanza piena di colleghi di lavoro, il vostro capo è lì, e c’è anche quella nuova collega cui avete cercato di dare una buona impressione di voi stessi. E siete completamente nudi. Ops!

Perché abbiamo tanta vergogna di farci vedere nudi? C’è qualcosa di profondo nella natura umana che ci fa sembrare ripugnante la pelle nuda? Esiste forse un gene del pudore che abbiamo ereditato dai nostri antenati? E come si può spiegare il comportamento di quei “ribelli” che buttano all’aria ogni convenzione sociale e consacrano il loro tempo libero alla pratica nudista, sostenendo che nulla potrebbe essere più normale?

Di recente, otto persone comuni – nessuna delle quali nudista – sono state messe insieme per un condurre un esperimento filmato dal programma della BBC Horizon, al fine di testare alcune teorie scientifiche che spiegano perché i corpi nudi ci mettono così a disagio. Fra di loro c’erano Phil, 39 anni di Birmingham, e Kath, 40 anni del Dorset. La maggiore preoccupazione di Kath era che la gente avrebbe riso di lei. Alcuni maschi del gruppo erano invece più impensieriti dall’eventualità di un’imbarazzante eccitazione.

Phil fu il primo a sentire l’occhio della telecamera sulla sua pelle. Qualche ora dopo l’incontro con gli altri volontari, fu condotto davanti a un grande specchio, con l’istruzione di togliersi tutti i vestiti. Quando scoprì che si trattava di uno specchio a due vie e che poteva essere osservato, il rossore del suo viso e il battito del suo cuore tradirono la sua sensazione di disagio. Dopo aver svolto lo stesso compito, Kath ammise che avrebbe voluto «che il pavimento si aprisse».

Quando siamo nudi in pubblico, la maggior parte di noi si sente in imbarazzo. Eppure sembra che questa sensazione possa essere disimparata. Dopo una serie di esperimenti, Phil e Kath, che all’inizio erano stati così impacciati, si trovarono ciascuno faccia a faccia con un altro volontario appena denudato. Vennero invitati a dipingere il corpo davanti a loro, evidenziando con diversi colori le sensazioni che provavano mentre toccavano le varie parti del corpo: rosso per “profondo disagio”, giallo per “leggero imbarazzo”, verde per “tutto a posto”. Phil disegnò una linea per delimitare i genitali del suo soggetto. Kath invece dimostrò di aver perso ogni sua inibizione, dipingendo in pochi istanti il suo soggetto tutto di colore verde. Ogni singolo centimetro quadrato.

Non più vergogna della nudità

Questo era solo un semplice esperimento: esso è però riuscito a mettere in luce quanto sia modificabile in breve tempo il nostro atteggiamento nei confronti della nudità. Nel giro di un paio di giorni, i volontari avevano disimparato molte delle convenzioni sociali che normalmente governavano la loro vita e avevano acquisito un nuovo modo di pensare che permetteva loro di stare tranquillamente nudi in compagnia di altre persone. Esperimenti di questo tipo spiegano perché sia così semplice per i nudisti comportarsi in maniera del tutto normale restando nudi in mezzo ad altre persone nude.

Questo risultato conferma la teoria sostenuta da molti psicologi, secondo la quale non siamo nati con la vergogna per la nudità. Al contrario, la vergogna per la nudità è una cosa che apprendiamo come codice comportamentale che ci permette di interagire nell’ambito della società.

«In tutto il mondo gli individui percepiscono un grande senso di vergogna, quando si rendono conto che gli altri sanno che non sono stati sufficientemente “modesti”», spiega il professor Dan Fessler dell’Università della California. «In sostanza, con la vergogna essi dicono a coloro che li circondano: “Conosco le regole sociali e mi rendo conto che sapete che ho fallito nel rispettarle, ma per favore non punitemi”. La nudità viene considerata come una minaccia per il contratto sociale».

Ma questo codice comportamentale non è innato ed è qualcosa che possiamo disimparare. Come ha osservato Phil al termine dell’esperimento, «una cosa che ho imparato è quanto sia stato facile entrare in relazione con degli estranei in una condizione che, secondo gli standard sociali, avrebbe dovuto farmi sentire a disagio».

Questa consapevolezza avrebbe spinto Phil e Kath a valicare i confini del “comportamento accettabile” anche nel mondo reale? Ormai sul finire dell’esperimento, venne presentata loro l’ultima, sorprendente sfida: furono invitati a camminare nudi lungo la strada per aspettare un taxi. Lo fecero senza problemi. Avevano superato un bel po’ di “regole sociali”!

Libera traduzione di Can people unlearn their naked shame?

Pubblicato in Nudità, Psicologia | Contrassegnato , , | Lascia un commento

La Francia promuove il turismo nudista

Plage naturiste

La Francia si conferma la prima destinazione a livello mondiale dei flussi turistici nudonaturisti. D’altronde, il Paese transalpino moltiplica le campagne pubblicitarie che promuovono le sue spiagge, le sue strutture e i suoi campeggi dedicati alla pratica nudista.

È vero, la maggioranza degli 84 milioni di turisti stranieri che visitano la Francia ogni anno è “tessile”. Ma fra questi vi sono almeno 2 milioni di tedeschi, olandesi, inglesi, belgi e – naturalmente – italiani, che vi si recano per praticare il nudismo. «Questi turisti sono attratti in particolare dai due litorali marittimi della Francia e dai suoi 154 centri di vacanze e campeggi naturisti, i quali, pur offrendo il contatto con la natura, sono ben lungi dal proporre sistemazioni spartane, ma hanno sempre più soluzioni d’alloggio a 4 e 5 stelle», riassume Yves Leclerc, vicepresidente della Fédération Française de Naturisme.

Ma per conservare la sua posizione preminente davanti ai suoi agguerriti concorrenti, che sono la Spagna e la Croazia, la Francia si fa pubblicità, sia all’interno ma anche e soprattutto all’estero. Da due anni a questa parte, un’applicazione mobile – in francese e in inglese – propone ai vacanzieri una carta dei siti nudisti, ricercabili per regione o per tema (mare, montagna, etc.), al fine di localizzare, per esempio, una delle 116 spiagge ufficialmente riconosciute come naturiste, ossia promosse e tutelate da un decreto municipale.

E quest’estate, per la prima volta, uno spot radiofonico diffuso sulle frequenze di Radio Autoroutes (107.7) «avrà lo scopo di raggiungere gli automobilisti che partono per le vacanze o per un fine settimana e di invitarli a visitare il nostro sito Naturiste par nature», riferisce Jean-Philippe Pavie, presidente della sezione “Turismo e naturismo” di Atout France, l’agenzia per lo sviluppo turistico francese.

Il target preferito sono le famiglie con bambini. I naturisti sono «soprattutto coppie di ogni età; quando ci sono famiglie, i bambini sono per lo più piccoli; più rari sono gli adolescenti, che spesso si allontanano dal nudismo perché vivono un momento di disagio nel rapporto con il loro corpo», spiega Jean-Philippe Pavie.

Un censimento della clientela dei siti naturisti aquitani dell’anno scorso, tuttavia, ha mostrato una significativa presenza di nuovi praticanti, «giovani che vedono il nudismo come uno stile di vita e che lo vivono quasi come un impegno militante, una difesa di certi valori come il ritorno alla natura», racconta Yves Leclerc. «Il 45% dei clienti hanno meno di 30 anni», aggiunge, citando i dati raccolti in una decina di grandi centri naturisti della Francia meridionale e dicendosi lui stesso «molto sorpreso».

Insomma, la Francia promuove e valorizza il turismo nudista, riconoscendolo come un capitolo importante della sua offerta vacanziera. E l’Italia, con le sue migliaia di chilometri di spiagge, i parchi, le campagne, le bellezze naturali… che cosa fa?!?

Pubblicato in Nudismo all'estero, Vacanze nudiste | Contrassegnato , , | 2 commenti