Lo spettacolo della nudità

Escursione in nudità

Di recente il sito web della Gazzetta dello Sport ha pubblicato un articolo a proposito degli escursionisti che da alcuni anni «si aggirano sui sentieri dei monti lombardi» senza nulla indosso, a parte zaino e scarponi. L’articolo, che presenta purtroppo in maniera eccessivamente sintetica l’attività del gruppo che si è creato intorno al blog Mondo Nudo, ha suscitato una serie di commenti per lo più critici da parte dei lettori.

A proposito delle considerazioni svolte dall’autore dell’articolo, nonché di alcuni dei commenti scritti dai lettori, ha già formulato una serie di lucide osservazioni lo stesso Emanuele nel suo post Perché camminare vestiti? (Risposte alla Gazzetta).

Desidero qui prendere spunto, per qualche breve riflessione, da un singolo particolare aspetto che emerge da alcuni commenti all’articolo della Gazzetta, nei quali ricorre più volte, quasi come una sorta di ritornello, la parola “spettacolo”. Si parla di “miseria dello spettacolo”, di “spettacolo indecente”, di “spettacolo orrendo”. Lo “spettacolo” in questione sarebbe quello offerto dalle foto che corredano l’articolo e che mostrano delle persone che camminano nude in montagna.

Ora, proprio l’uso della parola “spettacolo” con riferimento alla semplice nudità fa capire che quei commenti partono da un punto di vista completamente sbagliato. Come si sa, il termine “spettacolo” deriva dal verbo latino spectare (= guardare) e ha – semplificando – due possibili significati: in senso più stretto, esso indica una rappresentazione artistica che normalmente si svolge davanti a un pubblico di spettatori; in senso più ampio – riporto dal vocabolario – è una «vista straordinaria che colpisce per l’insolita bellezza o per altra particolarità o, al contrario, impressiona e suscita orrore».

Ebbene, nessuna di queste definizioni della parola “spettacolo” si può attagliare a delle persone che fanno un’escursione in montagna in nudità.

Nudi in montagna

Non si tratta di una “rappresentazione” rivolta a un qualche pubblico. Purtroppo è radicato il pensiero che la nudità debba essere qualcosa con la quale si dà – appunto – spettacolo, ossia che lo stare nudi presupponga sempre l’intenzione di esibire il proprio corpo a qualche “spettatore”, vuoi per provocare il suo piacere, vuoi per suscitare il suo disgusto. In realtà, quando si scoprono i benefici dell’essere nudi, ci si rende facilmente conto che ci si spoglia solo per godere delle sensazioni di benessere provate dal nostro corpo nudo a contatto con l’ambiente circostante, non certo per mettere in scena la nostra nudità alla vista altrui (detto tra parentesi, mi pare ci sia ben poco “pubblico” in alta montagna…).

Non si tratta di una “vista straordinaria”. Certo, l’educazione che ci è stata impartita ha demonizzato a tal punto la nudità, da rendere “non ordinaria” la visione di un corpo nudo in un contesto nel quale siamo abituati a vederlo vestito. È però ora andare oltre questo preconcetto: d’altronde, la rapida evoluzione dei costumi e la consapevolezza dell’importanza di rispettare il “diverso”, anche quando ci appare strano o ci mette un po’ a disagio, dovrebbero ormai essere capaci di indurci a non considerare più così “straordinaria” la nudità in un ambiente naturale, che sia una spiaggia marina o un prato alpino…

A ben vedere, però, la vera questione si annida negli aggettivi che accompagnano la parola “spettacolo” nei commenti apparsi sulla Gazzetta: “misero”, “indecente”, “orrendo”. Ho l’impressione che questi giudizi scaturiscano dal fatto che ad apparire nudi in quelle fotografie sono persone “normali”, dotate di un corpo “ordinario” che non rispetta i canoni della bellezza ideale. Forse ben altri aggettivi si sarebbero profusi, se ad apparire nude fossero state alcune modelle dal corpo perfettamente scolpito!…

Se questo è vero, trovo inaccettabile che la “bellezza” del corpo venga adottata quale parametro per consentire o meno a una persona di spogliarsi. È inaccettabile perché è un modo di pensare discriminatorio e, ancora una volta, basato sull’idea che ci si mette nudi per gli occhi degli altri. Ma questa idea è sbagliata su tutta la linea: ci si mette nudi per sé, per il proprio corpo, per stare bene.

Quando svolgo queste considerazioni, mi convinco ancor più della funzione educativa svolta dalla nudità. È grazie all’abitudine alla nudità nostra e altrui che si consegue con lo stile di vita nudista, infatti, che ci possiamo rendere conto che il nostro corpo nudo – qualsiasi sia il suo aspetto – è “bello” in sé e per sé: esso è la nostra “componente fisica” ed è perciò partecipe della dignità del nostro essere umani. Tale dignità non risiede nei vestiti e non viene meno se il corpo è nudo!

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Una risposta a Lo spettacolo della nudità

  1. Vittorio Volpi ha detto:

    Grazie per l’incisività e la chiarezza delle considerazioni.

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