La fiducia di mettersi a nudo

Nudo vestito

Ecco la traduzione di un interessante articolo apparso di recente sul blog Naturist Lens.

C’è una verità che opera nel nostro mondo d’oggi, ossia la verità che “l’abito fa il monaco”. I vestiti creano un’immagine di ciò che siamo, che scegliamo di volta in volta per adattarci alle varie situazioni. Si tratta di un’immagine accuratamente controllata, che ci nasconde, piuttosto che rivelarci.

Quando lavoro come terapeuta, mi vesto diversamente rispetto a quando esco con amici per partecipare a qualche attività ricreativa o a un evento sociale più formale. Ho un modo differente di vestirmi che si adatta a ogni situazione. Cosa voglio rivelare di me stesso? Cosa voglio far notare agli altri in particolare? Molto spesso, per parecchie persone, gli abiti sono un qualcosa che permette di nascondersi da se stessi. L’ultima cosa che vogliono fare è aprire il vaso di Pandora che cela i fantasmi del loro passato o le ombre oscure degli istinti e delle pulsioni, che sentono poter essere in agguato sotto il livello della loro consapevolezza.

Quando ci troviamo di fronte a uno specchio, nudi, di solito non ci piace quello che vediamo. Abbiamo trascorso così tanto tempo della nostra vita a nascondere il nostro corpo agli altri e a noi stessi, che proviamo un senso di disagio quando siamo davanti alla verità del nostro corpo, con le cicatrici, le imperfezioni, i muscoli flaccidi o il grasso in eccesso. È difficile accettare che quel corpo che vediamo è autentico. Vogliamo “aggiustarlo” idealmente in qualche modo, e lo facciamo semplicemente nascondendolo.

Il pensiero che i nostri studenti, i nostri colleghi di lavoro, i nostri superiori, i nostri figli possano vederci completamente spogliati ci fa correre un fremito di paura attraverso il cervello. Dopo tutto, abbiamo lavorato duramente per costruire la nostra identità, la quale ci procura una posizione nell’ambito della società e ci conferisce autorevolezza. Come potranno gli altri continuare a rispettarci, se ci vedono nudi? Ecco – pensiamo – se un’insegnante venisse vista nuda sulla spiaggia da alcuni dei suoi studenti, sicuramente questi ultimi perderebbero il rispetto per lei e lo racconterebbero ad altre persone, e ciò potrebbe portare perfino al licenziamento dell’insegnante.

Eppure, quando abbiamo il coraggio di spogliarci dei nostri vestiti in compagnia di altri che fanno lo stesso, condividiamo un’esperienza basata sulla fiducia, che rafforza la relazione. Per esempio, è vero che l’insegnante sulla spiaggia viene vista nuda dai suoi studenti, ma anche questi sono nudi. Come la loro insegnante, hanno osato mettersi nudi in mezzo ad altre persone, molte delle quali sono degli estranei per loro. Anziché perdere il rispetto per la loro insegnante, essi la rispetteranno maggiormente.

Voglio usare l’esempio di un seduta psicoterapeutica per mostrare che in realtà è questo l’effetto che otteniamo, quando abbiamo il coraggio di renderci vulnerabili. Una persona si reca da un professionista per un consulto. A poco a poco, la persona si apre al terapeuta, mentre quest’ultimo mantiene una distanza professionale, ascoltando e ponendo domande. Talvolta la terapia arriva a una situazione di stallo, e questo accade per lo più perché il paziente avverte una crescente disparità fra sé e il terapeuta. A quel punto, una piccola rivelazione personale da parte del terapeuta, un atto che lo fa esporre e rendere vulnerabile, crea solitamente un miglior senso di equilibrio per il paziente. Il grado di fiducia aumenta. Terapeuta e paziente creano fra loro un rapporto più autentico. E con più fiducia, la terapia può andare avanti.

L’atto di stare nudi insieme ad altri è un atto di fiducia. Esso ci ricorda che dietro i nostri ruoli sociali e i nostri travestimenti, siamo fondamentalmente tutti uguali: esseri umani che condividono lo stesso pianeta, la stessa aria, lo stesso obiettivo di raggiungere un po’ di felicità e di gioia nel mondo in cui viviamo.

Traduzione dell’articolo Baring the psyche in social nudity pubblicato sul blog Naturist Lens.
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