In un periodo di profonda crisi economica, qual è quello che stiamo vivendo, gli imprenditori devono avere il coraggio di percorrere nuove strade. E perché non prendere in considerazione l’ampio settore del turismo nudista? È cosa nota che, a livello europeo, sono parecchi milioni le persone che ogni anno trascorrono almeno una vacanza all’insegna del nudismo: l’Italia, però, nonostante tutte le sue straordinarie bellezze paesaggistiche e ambientali, resta ai margini di questo imponente flusso di turisti, che preferiscono rivolgersi a nazioni tradizionalmente più accoglienti nei loro confronti.
Certo, in Italia la situazione legislativa non è chiara, e a stare nudi in luoghi pubblici dove la frequentazione nudista non è cosa consueta si rischiano multe o denunce. Eppure, a ben vedere, non è proprio così necessario attendere una (pur auspicabile!) legge a favore del nudismo per poter intraprendere un’attività economica con clienti nudisti. Basti pensare che, per fortuna, nessuna autorità può ostacolare o vietare la nudità all’interno di una proprietà privata. Non è il massimo, ma c’è lo spazio perché buone iniziative possano partire e dare buoni frutti. E chissà che queste iniziative non possano contribuire ad accelerare l’approvazione di una legge che, finalmente, affermi la piena liceità della pratica nudista!
Ci vuole dunque solo un pizzico di coraggio e di intraprendenza per aprire al nudismo la propria attività economica, che si tratti di un campeggio, di una casa vacanze, di un hotel o di un B&B. Non dico che sia tutto semplice, né che il nudismo sia la carta vincente da giocare in ogni situazione. Ma è pur sempre una carta importante, da prendere in considerazione. Senza pregiudizi o rifiuti aprioristici.
Si teme forse che dichiarare la propria struttura aperta al nudismo venga interpretato come disponibilità ad accogliere scambisti e amanti del sesso facile? Per scongiurare questo rischio, è sufficiente essere chiari e non lanciare messaggi ambigui, evitando di pubblicizzare la propria iniziativa con testi allusivi o immagini ammiccanti. Non mi stancherò mai di ripeterlo: si guardi la decennale esperienza degli operatori turistici esteri! I campeggi naturisti francesi – faccio solo un esempio fra i tanti possibili – sono, nella stragrande maggioranza, strutture adatte a famiglie con bambini, non certo clubs privés per soli adulti. Scorrendo sia pure rapidamente alcuni dei loro siti internet, si capisce subito che il nudonaturismo non è la ricerca della trasgressione, ma la semplice voglia di vivere il piacere della nudità a contatto con la natura.
Il mio pensiero non va soltanto alle strutture esistenti, ma anche alle nuove imprese che potrebbero nascere e trarre profitto dalle potenzialità messe sul piatto dal turismo nudista, che – come già detto – in Italia è un campo ancora quasi tutto da esplorare. Ecco un esempio suggeritomi da una lettrice del blog, che ringrazio e che incoraggio a proseguire nel suo progetto: nelle campagne italiane abbondano le vecchie cascine abbandonate, che potrebbero essere ristrutturate (spesso ci sono fondi europei o regionali da sfruttare allo scopo!) e trasformate in agriturismi o in veri e propri “villaggi in miniatura” per accogliere turisti nudonaturisti in luoghi non certo densamente abitati, dove il nudismo avrebbe la possibilità di essere praticato tranquillamente in mezzo alla natura. Un sogno? Forse. Ma abbiamo bisogno di tornare a sognare, per ritrovare lo slancio e l’entusiasmo necessari per uscire dalla crisi…
Quale compito possono svolgere le associazioni in tutto ciò? A mio sommesso avviso, il supporto delle associazioni nudonaturiste alle iniziative economiche è assai importante, ma non si devono confondere i ruoli. Da un lato, l’imprenditore non può pensare di delegare completamente alle associazioni il compito di procurargli clienti o di suggerirgli le iniziative da intraprendere: le realtà associative possono essere sicuramente un ottimo target pubblicitario, possono dare risalto alle iniziative nei confronti dei propri associati (cui magari l’imprenditore potrà riservare uno speciale sconto) e possono utilizzare le strutture disponibili ad accogliere il nudismo per lo svolgimento delle loro attività sociali. Dall’altro lato, le associazioni non possono permettersi di ingerirsi nelle attività economiche, imponendo scelte imprenditoriali che per loro stessa natura spettano al solo imprenditore o mirando a trarre profitto da una particolare impresa. Il punto è questo: le associazioni sono enti privi di lucro, e tali devono rimanere. Il loro coinvolgimento più o meno diretto in una determinata attività economica mina alla base la loro credibilità e le indebolisce inesorabilmente su quello che dovrebbe essere il loro vero fronte di battaglia: la promozione del nudismo e del naturismo in generale.
Quelle appena svolte sono solo alcune brevi riflessioni sul tema dell’imprenditoria nel campo del nudismo. Altre interessanti considerazioni si possono trovare in questo recente post pubblicato sul blog Mondo Nudo, che invito a leggere: Imprenditore nudista (investire nel nudismo), una scelta difficile?
il progetto va avanti